Avv. Giovanna Soravia
I cibi che abitualmente consumiamo sono caratterizzati da un proprio sapore, determinato da criteri oggettivi ma anche e soprattutto da gusti e predisposizioni soggettive, cosicché non sempre il sapore che assegniamo ad un alimento corrisponde a quello percepito e riconosciuto da altre persone. Sembrano ovvietà, ma giuridicamente cos’è il sapore di un alimento? Come può essere qualificato?
La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è recentemente espressa in merito, nell’ambito di una vicenda giudiziaria azionata, avanti il Tribunale del Gelderland (Paesi Bassi), dalla società Levola Hengelo BV produttrice del formaggio spalmabile Heksenkaas (dopo averne acquistati i diritti di proprietà intellettuale nel 2011 e brevettato il procedimento di produzione nel 2012[1]) contro la Smilde Foods BV produttrice, dal 2014, del formaggio spalmabile Witte Wievenkaas.
La Levola riteneva infatti che la Smilde, producendo e commercializzando il Witte Wievenkaas, violasse i suoi diritti d’autore sul sapore dell’ Heksenkaas, e ne chiedeva pertanto la cessazione dell’attività di produzione e vendita.
In sede di appello, la competente Corte d’appello dei Paesi Bassi (Gerechtshof Arnhem-Leeuwarden) nella causa C-310/17 riteneva necessario fare chiarezza sull’interpretazione della Dir.2001/29/CE[2], pertanto il procedimento veniva sospeso e la Corte di Giustizia dell’Unione veniva chiamata ad esprimersi in via pregiudiziale: sostanzialmente, doveva stabilire se il sapore di un alimento possa costituire un’“opera” e quindi beneficiare della tutela sul diritto d’autore ai sensi della Direttiva stessa che riguarda “la tutela giuridica del diritto d’autore e dei diritti connessi nell’ambito del mercato interno, con particolare riferimento alla società dell’informazione” (art.1) e attribuisce agli Stati membri la previsione del diritto di riproduzione, di comunicazione al pubblico, di distribuzione (artt.2-5).
Innanzitutto, oltre alla citata Direttiva, il contesto normativo richiamato dalla Corte di Giustizia dell’Unione contempla la Convenzione di Berna[3] la quale prevede all’art.3, par.1, che le opere letterarie ed artistiche comprendono tutte le produzioni in campo letterario, scientifico, artistico, indipendentemente dal modo o dalla forma di espressione. Richiede, dunque, che l’opera si estrinsechi in un’espressione.
La Legge sul diritto d’autore dei Paesi Bassi[4], inoltre, prevede che “il diritto d’autore è il diritto esclusivo dell’autore di un’opera letteraria, scientifica o artistica, o dei suoi aventi causa, di pubblicarla e di riprodurla, fatte salve le limitazioni previste dalla legge” (art.1) e che per opere letterarie, scientifiche o artistiche si intendono in generale qualsiasi prodotto del campo letterario, artistico e scientifico, in qualsiasi modo o forma siano riprodotti, come ad esempio libri, giornali, opere musicali, disegni, pitture, opere fotografiche e cinematografiche….
In giudizio la Levola sostiene dunque che anche il sapore di un alimento al pari di un romanzo, di un quadro o di un brano musicale possa rientrare nella categoria delle opere d’autore, e quindi godere della medesima protezione, e sulla base di questo insiste affinché sia fermata la produzione e la vendita del formaggio Witte Wievenkaas in quanto avrebbe il medesimo sapore del suo Heksenkaas[5]; la Smilde si difende ritenendo invece che la tutela sul diritto d’autore sarebbe riservata solo alle opere visive o sonore, percettibili oggettivamente, ed esclusa per il sapore che rimane legato a sensazioni del tutto soggettive e quindi di fatto non sarebbe qualificabile come opera di proprietà intellettuale.
Ebbene, con la sentenza 13 novembre 2018, la Corte di Giustizia dell’Unione ha deciso che il sapore di un alimento non può essere qualificato come “opera” e pertanto non può godere della tutela propria del diritto d’autore ai sensi della citata Direttiva.
Innanzitutto, mancando nella Dir.2001/29/CE un espresso rinvio al diritto nazionale circa la definizione e la portata del concetto di “opera”, quest’ultimo andrà delineato sulla base di un’interpretazione autonoma e uniforme del diritto dell’Unione.
Ne deriva che il sapore di un alimento potrà essere tutelato dalla Direttiva stessa solo se in base a tale interpretazione può essere qualificato come “opera”, e per essere “opera” ai sensi della Direttiva, un oggetto deve contestualmente essere originale (costituire una creazione intellettuale propria del suo autore) e deve risultare come espressione della creazione stessa, conformemente a quanto prevede la Convenzione di Berna sopra citata.
Conseguentemente, il concetto di “opera” richiede che sia data espressione dell’oggetto di cui si chiede tutela, che sia identificabile con sufficiente precisione e obiettività ai fini della tutela stessa, evitando elementi di soggettività, potendo solo così consentire alle autorità competenti, agli operatori economici interessati, ai soggetti coinvolti, la corretta individuazione dell’oggetto da proteggere.
In tal senso, sostiene la Corte, tali elementi soggettivi finiscono invece per caratterizzare proprio l’individuazione del sapore di un alimento, che si basa su percezioni e sensazioni del tutto personali e variabili, dipendenti da molteplici fattori come l’età di chi consuma quel cibo, le sue esperienze personali, le sue abitudini e dalla situazione ambientale e condizione contingente.
Inoltre, allo stato attuale delle conoscenze e dello sviluppo scientifico non esistono mezzi e strumenti tecnici idonei a consentire un’individuazione precisa e obiettiva del sapore di un alimento al punto da garantire la distinzione dal sapore di altri alimenti analoghi.
Sulla base di queste ragioni interpretative, la Corte stabilisce che il sapore di un cibo non può essere considerato quale “opera” dell’intelletto ai sensi della Dir.2001/29/CE, mancandone i requisiti oggettivi visti sopra, e conseguentemente non può beneficiare della relativa tutela del diritto d’autore.
Per questi motivi, la Corte di Giustizia, chiamata ad esprimersi in via pregiudiziale, ha concluso interpretando la Dir.2001/29/CE nel senso che essa osta a che il sapore di un alimento sia tutelato dal diritto d’autore ai sensi di tale direttiva e a che una normativa nazionale sia interpretata in modo da conferire a un tale sapore una tutela ai sensi del diritto d’autore.
[1] Si tratta di un formaggio spalmabile a base di panna ed erbe aromatiche, ideato nel 2007 da un commerciante olandese di prodotti ortofrutticoli, il quale nel 2011 ne aveva venduto alla Levola i suoi diritti di proprietà intellettuale.
[2] Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione.
[3] Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971).
[4] Si tratta dell’Auteurswet.
[5] La Levola, a sostegno della propria pretesa, richiamava la sentenza 16.6.2006 dello Hoge Raad der Nederlanden (Corte Suprema dei Paesi Bassi), che aveva riconosciuto la possibilità di tutelare col diritto d’autore l’odore di un profumo.