Ancora sull’origine dell’ingrediente primario: importante tavola rotonda svoltasi a Novara sulle persistenti criticità della normativa

Avv. Giovanna Soravia

Riportiamo alcune immagini e commenti di ritorno dall’evento organizzato dall’Università del Piemonte Orientale nell’ambito del Corso di alta formazione in legislazione alimentare (CAFLA) ormai giunto alla XI edizione.

Dopo gli interventi iniziali degli illustri relatori, tra cui la nostra Valeria Pullini, il convegno ha dato spazio ad un vero e proprio dibattito in aula incentrato sulle difficoltà interpretative e sui possibili diversi approcci operativi dell’ormai noto Reg. di esecuzione UE n.775/2018 di cui abbiamo già trattato in maniera approfondita in precedenti articoli.

Nonostante le Linee Guida elaborate dalla Commissione UE, pubblicate proprio oggi 31 gennaio 2020 nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (Comunicazione della Commissione 2020/C 32/01), non pochi e non semplici saranno i casi pratici che gli operatori del settore alimentare si troveranno ad affrontare dovendo decidere quali informazioni riportare in etichetta, quali rischi affrontare e quali scelte adoperare.

In capo alle imprese del settore alimentare, così come per gli studiosi della materia, continuano a persistere criticità, dubbi e perplessità circa l’identificazione dell’ingrediente primario negli alimenti, e la conseguente operatività dell’art.26, par. 3, del Reg. UE n.1169/2011.

 

 

Durante il convegno è stato esaminato anche il recente provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il quale la Lidl Italia S.r.l. è stata condannata al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di € 1.000.000 per aver posto in essere una pratica commerciale (asseritamente) scorretta ai sensi degli artt.21 e 22 del Codice del Consumo, relativamente all’indicazione dell’origine del grano duro della pasta. In particolare, i fatti riguardano la commercializzazione e promozione da parte di Lidl di pasta di semola di grano duro a marchio “Italiamo” e “Combino” mediante confezioni che richiamano ed enfatizzano l’italianità dei prodotti e la mancanza di adeguate indicazioni sull’origine anche estera del grano duro impiegato per la loro produzione…

ma di questa pronuncia parleremo nei dettagli nel prossimo nostro articolo!

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