Cenni sul Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n.231/2001 per le imprese agroalimentari

Avv. Giovanna Soravia

Il D.Lgs. n.231/2001[1] ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico la disciplina della responsabilità amministrativa degli Enti, prevedendo un tipo di responsabilità ulteriore e autonoma rispetto a quella amministrativa in senso stretto e rispetto anche a quella penale;

L’art.27 della Costituzione riserva quest’ultima alle persone fisiche, mentre le persone giuridiche non possono essere soggetti attivi di reati, e quindi non possono essere responsabili in proprio di fatti illeciti di natura penale, secondo l’antico brocardo “societas delinquere non potest”.

Il D.Lgs. n.231/2001 prevede l’applicazione di criteri e modalità operative proprie del processo penale, come ad esempio l’invio dell’informazione di garanzia, la possibilità di procedere con procedimenti speciali, per cui si parla ormai generalmente di responsabilità penale degli Enti, pur dovendosi escludere la possibilità di imputazione diretta dell’Ente per reato (e dovendo quindi rimanere nell’alveo dell’illecito amministrativo). L’art.1, 1 c. facendo espresso riferimento alla “responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato” ci dà la definizione precisa.

Tuttavia, soltanto i reati indicati nel Decreto stesso e previsti come reati presupposto sono idonei a configurare la responsabilità amministrativa in capo all’Ente.

Presupposto per la sussistenza, accanto alla responsabilità personale (questa sì, penale) in capo all’autore materiale della condotta illecita, anche della responsabilità (potremmo azzardare a definirla “quasi penale”) dell’Ente, che può esistere solo quando il reato presupposto sia stato commesso da persona fisica in rapporto qualificato con l’Ente o perché riveste posizioni di vertice o perchè è persona sottoposta alla direzione o vigilanza di chi sta al vertice[2].

Ulteriore requisito, di natura oggettiva, è l’aver commesso il reato presupposto nell’interesse o a vantaggio dell’Ente, il quale invece non risponde del reato se Apicali o Sottoposti hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

I reati presupposto sono elencati negli artt.24–25 duodecies del D.Lgs. n.231/2001, con richiami diretti ai rispettivi articoli del Codice penale, e con la previsione delle relative sanzioni che, nell’ambito della responsabilità amministrativa degli Enti, sono la sanzione pecuniaria[3], la sanzione interdittiva, la confisca e la pubblicazione della sentenza. In particolare, le sanzioni pecuniarie sono determinate e calcolate sulla base di un sistema di quote descritto nell’art.10 con il quale il Giudice individua un numero di quote (compreso tra 100 e 1000) e determina poi il valore di ciascuna quota (compreso tra 258,23 € e 1.549,37 €) considerando la gravità del fatto, la condotta dell’Ente successiva al reato, le condizioni economiche e patrimoniali.

Perché si parla quindi di Modello ex D.Lgs n.231/2001?

L’Ente, quale soggetto passibile della speciale responsabilità in caso di commissione di reati presupposto nei termini sopra accennati, può decidere di adottare un Modello di organizzazione, gestione e controllo (MOG), finalizzato ad una compiuta analisi delle attività dell’Ente e del relativo rischio di commissione dei reati, e alla conseguente predisposizione di misure e modalità di gestione adatte ad impedirne il compimento (artt.6 e 7 D.Lgs n.231/2001).

Il MOG si pone dunque, innanzitutto, quale strumento specifico di prevenzione rispetto alla realizzazione dei reati presupposto, ovviamente calibrato a seconda della natura e identità dell’Ente, delle caratteristiche dell’attività svolta, del tipo di operazioni condotte, del tipo di processi decisionali, e del livello di rischio conseguentemente rilevato.

Oltre ad essere strumento utile all’ottimizzazione dell’organizzazione aziendale, il MOG diventa anche un vero e proprio elemento difensivo capace di costituire un’esimente della responsabilità amministrativa dell’Ente nei casi in cui il reato presupposto sia stato compiuto dai soggetti Apicali o dai Sottoposti, a vantaggio o nell’interesse dell’Ente stesso, in sede di procedimento penale.

Per quanto riguarda i reati commessi dagli Apicali, l’Ente non risponde del reato presupposto se riesce a dimostrare che “a) l ́organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l ́osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell ́ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell ́organismo di cui alla lettera b)”(art.6, 1 c.).

Segue, al comma 2, la descrizione dei requisiti necessari ai modelli con funzione potenzialmente esimente, i quali devono: “ a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l ́attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l ́osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”.

Invece, per quanto riguarda i reati commessi dai Sottoposti, il successivo art.7 afferma che “l ́ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza” e che l ́inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza è esclusa “se l ́ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.Rete, Rettangolo, Anelli, Networking

Tutto deve iniziare da un’accurata indagine sulla natura, identità e realtà dell’Ente, attraverso poi una precisa analisi del rischio allo scopo di definire quali rischi e a quali livelli di rischio sia esposto l’Ente rispetto alla commissione dei reati presupposto, per elaborare un Modello “su misura” che preveda specifici protocolli in grado di arginare il rischio stesso e di essere utilizzati come esimente nel procedimento penale.

Come si colloca il MOG nel settore alimentare?

Tra i reati presupposto elencati nel D.Lgs. n.231/2001, per il settore alimentare rilevano in particolare quelli individuati nell’art.25 bis.1 “Delitti contro l ́industria e il commercio”, introdotto dall’art.15 della Legge n.99/2009[4], che richiama espressamente i reati di cui agli artt. 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517–quater c.p. (sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote) e i reati di cui agli artt. 513-bis e 514 c.p. (sanzione pecuniaria fino a ottocento quote).

Si tratta di ipotesi delittuose come la frode nell’esercizio del commercio, la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, la vendita di prodotti industriali con segni mendaci, per le quali tra l’altro ricordiamo l’aggravante prevista dall’art.517-bis[5].

L’impresa alimentare che vuole esaminare la propria attività in relazione all’analisi del rischio di compimento di reati deve fare poi particolare attenzione anche alle ipotesi di cui agli articoli 517-ter e 517-quater c.p., anch’essi introdotti dalla Legge n.99/2009, che puniscono rispettivamente la fabbricazione e il commercio di beni usurpando titoli di proprietà industriale e la contraffazione di IGP e DOP agroalimentari.

Ciascuna impresa, quindi, deve individuare la propria specifica area di rischio, e puntare alla (ri)organizzazione delle attività e dei processi ad essa connessi facendo riferimento ai criteri del MOG individuati dall’art.6. Per la redazione dei MOG, si fa comunemente riferimento alle Linee Guida di Confindustria e al più recente documento orientativo redatto da quest’ultima insieme a CNDCEC, ABI, CNF che nel 2018 hanno pubblicato, mediante un lavoro multidisciplinare di gruppo, i “Principi consolidati per la redazione dei modelli organizzativi e l’attività dell’organismo di vigilanza e prospettive di revisione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n.231”[6].

A ben vedere, le fattispecie delittuose dell’art.25 bis.1 sono tutte riconducibili in senso ampio alle frodi in commercio, mentre restano esclusi i reati sanitari ed infatti, per esempio, tra i reati presupposto non troviamo alcun richiamo alla nota Legge n.283/1992[7] , pertanto un’impresa del settore alimentare potrebbe domandarsi l’utilità di dotarsi di un MOG se per la maggior parte del rischio connesso alla propria attività imprenditoriale, legata ai reati igienico-sanitari che per questo tipo di imprese è un rischio molto alto, non è prevista tale esimente.

Dal 2015 è in atto un ampio progetto di riforma dei reati agroalimentari condotto dalla “Commissione per l’elaborazione di proposte di intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare”, istituita con D. M. 20.04.2015 e presieduta dal Dott. G. C. Caselli, che ha presentato al Ministro della Giustizia, ad ottobre del medesimo anno, uno Schema di disegno di legge e relative Linee Guida che coinvolge anche il D.Lgs. n.231/2001 proponendo l’introduzione di un vero e proprio MOG specifico per le imprese alimentari.

Tra gli obiettivi perseguiti dalla Commissione Caselli ricordiamo la razionalizzazione e semplificazione dell’attuale assetto normativo, l’ammodernamento delle soluzioni di tecnica legislativa, una maggior tutela della salute pubblica anche in relazione alla Legge n. 283/1962 e ad alcuni istituti penalistici e di procedura.

L’adozione (ed efficace attuazione) del MOG può portare effetti positivi per l’impresa non solo in termini di difesa penale come esimente, ai sensi degli artt.6-7 D.Lgs., ma anche in termini di immagine, di miglioramento del sistema interno di compliance, di continuità della gestione e dello svolgimento del ciclo produttivo. Rileva, inoltre, quale elemento particolarmente distintivo per il riconoscimento del rating di legalità[8] che l’impresa volesse richiedere attraverso apposita domanda, nella quale vanno anche riportate informazioni sull’adozione del MOG, che concorre all’attribuzione di un maggior numero di stelline (si va da un minimo di una ad un massimo di tre).

Perché le imprese agroalimentari dovrebbero dotarsi di un Modello di organizzazione, gestione e controllo (ex D.Lgs. n.231/2001)?

Al pari delle Certificazioni volontarie (pensiamo, tra le molte, alla ISO22000, ISO9001, IFS, BRC…) che l’impresa alimentare spesso è portata a richiedere per ottenere una maggiore attrattività sul mercato, per meglio soddisfare le esigenze di partner commerciali di altri Paesi, per riqualificare la propria immagine e reputazione, anche l’adozione del Modello organizzativo ex D.Lgs. n.231/2001 è dunque in grado di apportare vantaggi importanti e non solo, come abbiamo visto, con funzione esimente in caso di processo penale a carico dell’impresa ma anche, in via preventiva, come strumento per una migliore organizzazione e più efficace gestione delle risorse e delle attività, così come ai fini del rilascio del rating di legalità.

 

[1] Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”.

[2] L’art. 5 identifica le due ipotesi soggettive “…L ́ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell ́ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)…”. Nel primo caso si parla comunemente di “apicali” e nel secondo di “sottoposti”.

[3] Trattasi di sanzione ad applicazione necessaria, come espressamente previsto dall’art.10, c.1: “Per l ́illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria”.

[4] Legge 23 luglio 2009, n. 99 Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonche’ in materia di energia, entrata in vigore il 15 agosto 2009.

[5] Si tratta di una circostanza aggravante speciale per la quale le pene previste dagli artt. 515, 516 e 517 c.p. sono aumentate qualora i fatti da essi previsti hanno ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalla normativa vigente.

[6] Il documento è scaricabile sul sito www.commercialisti.it.

[7] Legge ordinaria del Parlamento n.283 del 30/04/1962 Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

[8] Il rating di legalità è un elemento che evidenzia il rispetto di elevati standard di legalità da parte dell’impresa che ne fa richiesta e che in virtù di esso può godere di alcuni vantaggi. Il primo effetto deriva dal riconoscimento pubblico dei  requisiti e delle caratteristiche positive dell’impresa, e del valore etico; il secondo è costituito dalle facilitazioni previste in sede di concessioni di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni; il terzo è costituito dalla miglior credibilità suscitata nelle banche per le procedure di erogazione dei crediti e concessione di finanziamenti.

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto